alpi apuane geoparco mondiale unesco

 

apuanegeopark.it

   



 

"After the Flood" di Joakim Kocjancic
mostra fotografica per la riduzione del rischio di catastrofi

Palazzetto della Cultura, Cardoso di Stazzema
18 Maggio 2019 - 14 Luglio 2019*


Venerdì, Sabato e Domenica 17:00-22:00
ingresso libero

 

documenti






eventi





multimedia


realizzato nel 2001 and 
aggiornato nel 2016

 

Dopo l’alluvione… dopo la paura…


Quando raccontiamo l’alluvione del 1996 in Versilia e Garfagnana non sappiamo bene come definirla: “disastro” o “catastrofe”?. Qualcuno ha risolto il problema usando entrambi i termini, poiché ritenuti sinonimi perfetti. Eppure, il confronto tra i loro significati corretti evidenzia alcune differenze, sia nella forza distruttiva verso cose e persone, così come negli effetti e nelle reazioni indotte all’interno delle comunità umane. La catastrofe è la devastazione pressoché totale che annienta o piega luoghi e individui per sempre o per molto tempo; il disastro è ancora un evento improvviso e distruttivo, ma che consente a comunità, famiglie e persone di ricostruire il loro domani, dopo una prima fase drammatica e sconvolgente.

In questi termini, l’alluvione del 1996 è stata più un disastro che una catastrofe. La maggiore differenza l’ha fatta il post-alluvione, che è divenuto un modello di ricostruzione non solo di case, strade e ponti, ma soprattutto di solidarietà, rapporti umani e comportamenti collettivi. Le antiche comunità di Cardoso e dintorni sono rimaste negli stessi luoghi della tragedia, dove vivevano da secoli e dove hanno lentamente ricostituito, dopo l’alluvione, il loro tessuto connettivo.

Un disastro è dunque un evento vissuto a livello di popolazione, che continua nei volti e nei gesti delle persone oltre il momento della distruzione, passando dal negativo al positivo, dall’emergenza al quotidiano. È un fenomeno collettivo che coinvolge le comunità e modifica, in modo più o meno profondo, la fisiologia dei raggruppamenti umani, delle famiglie e dei singoli individui.

Se il volto è lo specchio dell’animo umano, solo la fotografia può fissarne il dolore o la speranza, a seconda del tempo trascorso dal disastro. La fotografia ha anche il potere unico di narrare la storia di una terra ferita attraverso le sembianze e le pose dei suoi abitanti.

Per questi motivi Joakim Kocjancic ha raccolto le immagini di una comunità ritrovata venti anni dopo l’alluvione e forse divenuta, col tempo, più consapevole dei rischi ancora presenti. Le pagine del suo libro mostrano gli sguardi di persone temprate dall’esperienza, con qualche segno di tristezza negli occhi di alcuni di loro. Le foto in bianco e nero, con i bordi sfuocati, ci danno un senso di luogo senza tempo o forse di un tempo sospeso tra questo e l’altro secolo. È sicuramente il primo volume sull’alluvione del 1996 senza immagini di distruzione e di ricostruzione. Non ci sono le storie di quei giorni, ma il ricordo finalmente sollevato di molti anni dopo. 

L’alluvione è un disastro che spesso le persone dimenticano più o meno velocemente dopo la ricostruzione. La sua bassa probabilità di ripetersi a breve produce un conflitto tra due strategie adattative inconciliabili della specie umana. Durante l’evento estremo prevale la paura, perché l’uomo sopravvive grazie alla percezione del terrore e al suo istinto di conservazione. Tuttavia, questa paura va poi dimenticata nel prosieguo della vita di tutti i giorni, poiché l’uomo non può sempre vivere nel terrore.

Il ricordo del disastro subisce un processo di repressione o diminuzione di intensità nel tempo. Anche gli eventi più laceranti sono assorbiti in non molti anni: lo “spettacolo (della vita) deve andare avanti”.

Dopo qualsiasi disastro, il problema è sempre lo stesso: conservare la memoria di quanto accaduto. Non è soltanto un problema di cultura storica o di celebrazione di un evento rilevante e drammatico per stringere i legami di una comunità. La conoscenza del passato e le competenze sono soprattutto utili a costruire comunità più resilienti per rispondere ai potenziali pericoli geologici.

Limitarsi al solo ricordo dell’evento distruttivo è sbagliato, poiché le immagini di terrore e disperazione tendono ad essere rimosse dalla mente umana o a permanere in una sfera di incubo o sogno irreale. C’è anche bisogno di immagini positive e di momenti di reazione collettiva, non troppo distaccati dall’alluvione, ma conseguenti, per rendere il disastro un mostro vincibile.

Il libro fotografico di Joakim Kocjancic può servire anche a questo fine…

 

Alessia Amorfini e Antonio Bartelletti (*)

 

 

 

 

 


 

Palazzetto del Cultura a Cardoso di Stazzema (piano terra) - 18 maggio 2019

 


 

Palazzetto del Cultura a Cardoso di Stazzema (piano terra) - 18 maggio 2019

 


 

Palazzetto del Cultura a Cardoso di Stazzema (piano terra) - 18 maggio 2019

 


 

Palazzo Rossetti a Seravezza (primo piano) - 15 luglio 2019

 


 

Palazzo Rossetti a Seravezza (primo piano) - 15 luglio 2019

 

*) dal 21 luglio al 30 settembre 2019, la mostra è stata trasferita a Palazzo Rossetti, presso il Centro visite del Parco.